It’s A Kind Of Blue

E vissero per sempre felici e contenti, gli altri. Tu invece starai steso su un divano a contare le ore che mancano prima di timbrare il cartellino a lavoro ed evitare l’ennesima minaccia di licenziamento per l’ennesima bottiglia di whiskey nascosta dietro lo schermo LCD del tuo ufficio e trovata dall’ennesima troia di una donna delle pulizie che, non sai spiegarti come, pare ce l’abbiano a morte con te per ogni busta di merendina che lasci intorno al cestino della spazzatura. Vuoto. Come la tua voglia di vivere. Da bambino eri pieno di ambizioni ed emozioni: sognavi di fare il medico, con una grande casa e avere una donna da amare: perche’ e’ questo che i film di Hollywood ti hanno insegnato: realizzarsi nelle proprie ambizioni, diventare qualcuno importante e amare una donna senza altri fini, o almeno cosi’ tu recepivi il messaggio. Il matrimonio, i figli, la famiglia erano solo una decorazione per quelle due anime che si attraevano come gli atomi in una stella di neutroni: compatti a tal punto da creare una forza enorme, che travolga l’intero universo. Col tempo hai scoperto che l’amore e’ solo un accumulo spontaneo di orgasmi in un limite di tempo davati archivi giganteschi di porno amatoriale dato su internet come le caramelle ai bambini dagli sconosciuti, che fare il medico significa vigilare 24 ore su 24 su ipocondriaci e malati immaginari che come te cercano uno sconosciuto a cui appoggiare ogni affanno della loro inutile vita, che in realta’ la casa dei tuoi sogni e’ un misero monolocale che affaccia sul ghetto di Detroit, citta’ che ospita piu’ ricordi di abitanti. O almeno cosi’ hai recepito il messaggio dalla televisione. Man mano la tua vita diventa una scatola di memorizzazione di date e ricorrenze: la nascita dei tuoi parenti, dei tuoi figli [o presunti tali], la morte del tuo primo cane, la data di scadenza del bollo della macchina, della bolletta della luce, dell’affitto, del mutuo, degli alimenti a pagare a tua moglie, l’anniversario dei santi cazzi dei nonni del Kansa, la data che hai stabilito per il tuo suicidio. E sei li’ ora, a guardare minuto per minuto attimo per attimo lo squallore della tua vita passarti davanti come una pubblicita’ della Pepsi Cola su Channel 4, fresca e dissetante: come il fango che i bambini del Kenya mangiano per non morire disidratati. Sei li’ a fissare quel dispensatore libero e gioioso di amore che ha reso l’America l’immagine del paese dove puoi fare qualsiasi cosa se non hai timore di farla, anche decidere di dar fuoco all’intero appartamento che appartiene al quel pelato messicano di merda del secondo piano, tirchio come uno scozzese durante l’elemosina a messa. Sei li’ a fissare fotogramma per fotogramma quella vita che sin da bambino sognavi giocando all’Allegro Chirurgo o scrivendo poesie alla ragazza che ti ha dato la prima scossa tellurica seria alla tua ipofisi all’universita’, la stessa che ora ti obbliga a firmare assegni a ripetizione come un mitra di Rambo o costruendo con i Lego castelli enormi per trovare una principessa che non c’e’: scappata con il Drago o il Cavaliere Nero, perche’ adorava il fascino del dark. Sei li’ a vedere quella tua fottuta televisione mentre il fumo della tua ultima creatura da rappresentante dei figli di Dio sta arrivando al suo apice invadendo anche la casa di quel messicano di merda; mentre la tua carne e’ cotta a puntino per essere spedita a uno stabilimento del McDonald’s come nuova specialita’ dall’Italia, con parmigiano e pomodori freschi; mentre i tuoi occhi lacrimano ripensando a tutte quelle volte che hai sentito quella frase dannata in ogni singolo film o sussurrata da musiche e gesti di ogni cazzo di attore di merda che Hollywood paga solo per mettere la faccia da culo prima che uno stuntman rischi la vita per girare la scena in cui il bell’eroe senza macchia e senza paura si butti dall’elicottero da una distanza di dieci metri per atterrare su un covo di narcotrafficanti portoricani. E vissero per sempre felici e contenti, gli altri. Tu non puoi, perche’ sei la rappresentazione del sogno americano. Gli altri vivono, tu sei libero di fare ogni cosa noi ti diciamo.

[A quella persona che mi fa girare non poco le palle e, purtroppo, gli ormoni]

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2 risposte a It’s A Kind Of Blue

  1. Rhea scrive:

    A chi mi chiede chi è il mio scrittore preferito, io rispondo Davide Nudo. Bravo.

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